Nella capitale della grappa
Uno non ha ancora deciso cosa fare per Ferragosto e cosa fa? Prende su e va a Bassano del Grappa, che tutto sommato potrebbe essere anche una cittadina che usa la toponomastica per fare pubblicità ingannevole e attirare gli amanti dei distillati. Ovviamente sapevo che l’unica cosa ingannevole era il mio goffo tentativo di mascherarla come visita cultural-natural-paesaggistica. Il fatto di partire con il Museo della Grappa, comunque, mi fornisce l’appiglio della cultura e quello che c’e’ all’interno mi scagiona completamente. Situato in un bellissimo palazzo del ‘400 a due passi da una delle estremità del famigerato ponte, è a ingresso libero ed è stato allestito dalla famiglia Poli, distillatori dal 1898 e grandi promotori della cultura e della tradizione della distillazione italiana. Il museo con un approccio semplice e intutivo, accompagnato da pannelli e da modellini esplicativi, guida il visitatore attraverso la storia della distillazione e della grappa. Ci sono anche alambicchi veri e informazioni più tecniche e un bel video girato all’interno della Poli che spiega il processo produttivo. Tra i pannelli informativi ho trovato interesanti e lampanti quelli relativi alla resa delle vinacce e alla suddivisione degli alambicchi e della produzione tra discontinuo (tradizionale) e continuo (industriale) che potete vedere in foto. In una sala trovate anche una grossa collezione di grappe mignon e rare grappe d’epoca e un bel negozio in cui sono in vendita i prodotti Poli. Veramente ben fatto e comprensibile ai più. Nella sede della distilleria, a Schiavon, vi è anche un’altra parte del museo e una biblioteca molto fornita, mi toccherà andarci…sempre per la cultura si intende.
Smarcato il lato culturale si è anche bevuto qualcosina. Assaggi molto soddisfacenti li ho fatti alla Taverna del Ponte che ospita il museo degli Alpini, lato via Angarano. In particolare ho apprezzato molto le grappe della famosa e antica Distilleria Brunello: ho provato tre monovitigno “bianche” davvero di altissimo livello; la prima di Tocai veramente elegante senza essere ruffuana con un finale persistentissimo e fresco con note di frutta bianca molto pulito; la seconda, ricavata dalle vinacce del famoso Amarone Quintarelli, anch’essa molto aromatica e ricca di profumi ma direi meno soddisfacente della prima, ma pur sempre di alto livello; la terza, la più soprendente ma che potrebbe dividere i bevitori, ricavata da vinacce di Zibibbo di cui mantiene l’intensità olfattiva con note ossidate e di muffe nobili, uva sultanina e in bocca è aromatica, calda e persistente. Credo che degustata alla cieca darebbe grosse soprese e si potrebbe facilmente scambiare per una grappa con un passaggio in legno; inoltre al naso la nota di vinaccia difficilmente viene notata al primo colpo, anche per l’origine “passita”, portando la mente anche su distillati di altro genere. Il gestore del bar sconsolato si è sfogato dicendomi più o meno “meno male qualcuno che ogni tanto mi dà soddisfazione chiedendomi consigli e bevendo questi prodotti favolosi, altrimenti si danno solo perle ai porci, visto che tutti si bevono solo la <censurato>”.
Un posto veramente notevole e con una carta dei distillati da far strabuzzare gli occhi, whisky compreso, la trovate al Caffé del Ponte Vecchio, sempre in via Angarano e sempre a due passi dal famoso ponte dove gira tutta la vita cittadina. Una dozzina di referenze di Wilson & Morgan e varie chicche tra cui un paio di BenRiach single cask. Ragazzi molto competenti e appassionati, lunga fila di altri distillati (grappe, gin, wodka, acqueviti, oltre ad amari di qualità) e in particolare una super selezione di Capovilla di cui hanno un vero e proprio tesoro, comprese produzioni oramai esaurite. Prezzi onesti: whisky da 4 a 10 euro per maturazioni “normali”, poi a salire per imbottigliamenti più rari. Io ho bevuto la Sarpa di Poli (sarpa=vinaccia in vernacolo locale) e poi il distillato di Mele e Tabacco del grande Capovilla, non più in commercio: la prima è una grappa bianca, tanto semplice nel suo profilo aromatico quanto persistente, fresca e gradevole ed è disponibile anche elevata in barrique francesi; il secondo è un vero capolavoro, con note di cuoio quasi da mezcal e un intenso profumo di torta di mele, mele cotte, uva sultanina, legno speziato. Dodici euro, per i due calici, spesi con soddisfazione. Tanta roba ragazzi miei.
Sul ponte non mi sono potuto sottrarre uno stop alla Nardini dove ho provato la Riserva, che fa un passaggio in botte: molto morbidona e ruffiana, non il mio genere ma ben fatta, anche perché avevo cattiva memoria delle suddette grappe.
Non me ne vogliano le altre zone di produzione della grappa ma direi che la provincia di Vicenza mi ha dato una certa soddisfazione, anche per le sarde in saòr e il baccalà alla Vicentina, con le sue canoniche 15 ore di digestione. E questo giusto per dirvi che mi occuperò presto ancora di Grappa, lo Spirito Italiano.
Mele Tabacco di Capovilla è un Autentico Capolavoro.
Francesco, spero che riprenda a farlo. Quello di tabacco è “solo” molto buono. Avere la tua conferma sulle mie impressioni soprattutto su un prodotto del genere (ti considero un espertone se non guru dei distillati di mele e del tabacco, e non solo) mi conforta.
Pardon, Nardini riserva fa tre anni in botte contro la pletora di affinate, elevate, barrique che per l’ UTF non vuol dire nulla, dove li si basta un breve passaggio in botte e molto caramello.
Grazie Giacomo. Passaggio in botte non era comunque per sminuire il prodotto, anzi, la grappa ne ha beneficiato molto senza essere uccisa dal legno.
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