Distillerie Poli: incontro tra tradizione e innovazione
Sarebbe molto banale giocare sul nome Poli per parlare di attrazione. Proprio per questo motivo lo farò ben volentieri, visto che negli ultimi tempi ho avuto vari incroci con questo produttore, tra cui la puntata di un paio di anni fa il museo a Bassano, che ripercorre la storia della distillazione. Le visite più recenti a distillerie di grappa, partendo da Barile e passando da Brunello, mi hanno permesso di seguire una sorta di parabola che unisce la tradizione più profonda fino al punto di incontro tra il passato e quello che offre una distilleria al passo coi tempi, non solo dal punto di vista tecnologico ma cercando di supportare con un convincente “storytelling” la parabola di una azienda comunque artigiana e comunque legata fortemente a una comunità ma che ha oramai sfondato i diaframmi del nanismo e localismo.
Il complesso che ci si trova davanti arrivando a Schiavon è un piccolo gioiello che conserva ancora parte dell’edificio originale, da dove dal 1898 l’azienda si è sviluppata, e si è via via ampliato ed è diventato una vera attrazione turistica, con un visitor center e un percorso che ripercorre la storia della famiglia e dell’azienda in modo semplice e suggestivo. Si vedono certamente dei grandi investimenti che tracciano un percorso e una parabola ben precisa. Gli ultimi tasselli sono nuove apparecchiature di distillazione, oltre alle tradizionali caldaiette, che sono cresciute negli anni di numero, nuovi alambicchi moderni che distillano “sottovuoto”; un ampliamento significativo delle cantine con una grandissima sala e una bottaia che si sta riempiendo piano piano. Un modo di integrare in un unico ambiente sia necessità produttive sia di ospitalità, immergendo i visitatori quasi all’interno della produzione. Completano il tutto un laboratorio completo e un impianto di imbottigliamento che chiude il ciclo produttivo completamente all’interno dell’azienda. Il tutto caratterizzato da ordine, pulizia e una cura maniaceale dei dettagli.
Non smentendo la sua funzione di “concentrare e purificare” questa unione di tradizione e modernità è sintetizzata benissimo nella “still room” dove si trovano quattro diversi impianti di distillazione, di periodi diversi, che utilizzano tre sistemi differenti:
- Il Grande Alambicco: impianto a vapore fluente composto di otto caldaiette in rame collegate in coppia a due piccole colonne di distillazione. Le prime caldaiette risalgono agli anni ’20 e via via sono state aggiunte fino all’attuale configurazione.
- Il Piccolo Alambicco: impianto a vapore fluente composto di quattro caldaiette in rame collegate in coppia ad una piccola colonna di distillazione, installata nel 1983.
- Athanor: impianto a Bagnomaria composto di due caldaie ognuna collegata ad una colonna di distillazione a piatti regolabili, installato nel 2001.
- Crysopea: impianto a Bagnomaria sotto vuoto composto di due caldaie con colonna di distillazione senza piatti a riflusso regolabile, installato nel 2008, rappresenta uno dei sistemi di distillazione più innovativi sul mercato. Viene utilizzato anche per la produzione del Gin Marconi.
Tre di questi quattro impianti sono stati installati dall’attuale generazione di Poli, con Jacopo che potremmo definire la figura carismatica di riferimento, il frontman, Andrea responsabile della produzione e Barbara dell’amministrazione. Jacopo Poli lo conoscevo solo di fama, avevo letto qualche suo intervento e visto qualche video dove mi aveva colpito una notevole brillantezza espositiva e una visione moderna di un settore che è o fortemente legato e a volte impantanato nella tradizione, almeno nell’immaginario collettivo, o inevitabilmente penalizzato da produzioni industriali di bassa qualità che monopolizzano il mercato; aggiungiamoci i bassi consumi degli italiani ancor più affossati dall’aumento ingiustificato delle accise. Ammetto che ero molto curioso di parlare con lui e, pur non avendo un appuntamento, si è prestato molto gentilmente a chiacchierare. Corro il rischio di sembrare quasi agiografico ma dal vivo ho avuto la conferma di una persona che trasmette energia e una visione del futuro. Devo però anche dire che la cosa che mi ha più impressionato è la voglia non solo di raccontare ma anche di ascoltare e di capire altri mondi. Jacopo ha forse fatto più domande a me di quelle che ho fatto io a lui, conosce anche il mondo di altri distillati e del whisky, ha incontrato Jim McEwan e conosce la parabola di Bruichladdich, da distilleria praticamente defunta e non rimpianta da nessuno fino a diventare Progressive Hebridean Distillers, un concetto che lo ha molto affascinato. Non è quindi per nulla sorprendente che su molte iniziative e su molti prodotti dell’azienda sia impresso il suo nome accanto a quello di famiglia.
Ho fatto ovviamente alcuni assaggi di grappe e acqueviti su diverse linee di prodotto, non mi dilungo, mi hanno dato l’impressione di seguire il filo logico della grande pulizia e facilità di bevuta; anche per la linea Jacopo Poli, dove troviamo grappe maturate con concetti a noi cari, l’utilizzo di botti da vino (es. PX) e da distillati (es. rum), pur avendo complessità non vanno a fortunatamente sminuire gli aromi primari.
Mi sono ripromesso di tornare quando il rame sarà meno lustro ma caldo e fumante per inalare un po’ di spirito italiano.