50 anni di storia del whisky in tre passi (primo passo)
Grazie all’amicizia e alla disponibilità di Francesco Mattonetti e Nadi Fiori, martedì 8 maggio ho potuto vivere una giornata veramente speciale, una sorta di viaggio nella storia del whisky, fatta nel raggio di 300 km da Milano e in una quindicina di ore.
Passaggio veloce in tarda mattinata dal primo pilastro della storia del whisky, Giorgio D’Ambrosio, giusto per un caffè e due battute divertenti (da Giorgio torneremo…) per poi dirigerci in quel di Brescia da Silvano Samaroli, con cui passiamo qualche ora piacevolissima tra un pranzo in un bel locale e il suo ufficio storico a due passi dall’uscita dell’autostrada ma immerso nel verde di una villa del settecento. La chiaccherata è informale come ci piace senza troppi formalismi e senza taccuini e domande precostituite. Nadi, conoscitore del mondo del whisky e delle persone che ne fanno parte come pochi ce ne sono al mondo, facilita la conversazione con incursioni nella storia e nei personaggi che l’hanno fatta. Tra aneddoti vari, tra cui qualcuno divertentissimo su Bonfanti, il celebre importatore letto su tante bottiglie, Silvano spiega la sua filosofia e il suo progetto di pubblicare un libro in cui le sue esperienze in campo di pregiate bevante si mescola alla filosofia, alla spiritualità e alla fisica quantistica. Ovviamente saremmo curiosi di leggere le bozze, e speriamo la cosa si avveri.
Silvano ribadisce la sua convinzione che, diminuendo sempre di più i cask di qualità, il futuro è puntare sul vatting e solo su pochi e ben selezionati cask di altissima qualità. Da qui l’oramai ventennale esperienza dei No Age e l’idea di offrire whisky di altissima qualità anche nel formato mezzo litro per permettere a più persone di avvicinarsi a prodotti d’eccellenza.
Sulla parola selezione si avvia un discorso che trovo molto interessante pensando a ritroso a tutti i dram Samaroli che ho avuto la fortuna di degutare: Silvano dice che a selezionare buoni cask molte persone sono in grado, basta avere un buon palato, un buon naso e un po’ di cultura. quel qualcosa in più è dato dall’interpretare; l’intepretazione è sul quando mettere in bottiglia il distillato. Per rendere l’idea Samaroli parte da questo grafico in cui un asse è dato dagli anni di maturazione e l’altro dalla cosiddetta “dimensione del gusto”. La terza dimensione è il corpo. Ecco idealmente quando corpo e aromi sono massimizzati sarebbe l’età giusta per imbottigliare. Tuttavia questa cosa va interpretata. Ecco quindi che entra in gioco quel qualcosa in più, a volte qualche piccola imperfezione in realtà diventa una caratteristica unica e inimitabile, inusuale, come accade a volte in un volto femminile che senza tale caratteristica sarebbe anonimo e si perderebbe in mezzo a mille.
Non avevo mai sentito questa puntualizzazione, però appunto andando a ritroso e ripensando a tutti gli imbottigliamenti Samaroli che mi è capitato di provare, e per fortuna non sono nemmeno pochi grazie a fortunate vicinanze con locali ben forniti, hanno questo tocco di unicità rispetto a tanti altri, aromi che non si sentono molto spesso o caratteristiche che non sono evidenziate di quella distilleria.
Verso le diciotto dopo i saluti e i ringraziamenti di rigore ripartiamo verso la seconda tappa, Romagna!
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