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Le radici, le persone e lo spirito dei distillati

Corso Whisky

[Classificazioni][1] Le Regioni di produzione del Single Malt sono davvero importanti?

Tratto da Whisky-pages.com

E’ un po’ che volevo ritornare sulle zone di produzione del whisky e cosa c’e’ di meglio se non prendere spunto da un pensiero contundente di Mark Reynier di Bruichladdich, tra l’altro condiviso pienamente da Jim McEwan che a Senago disse “le regioni sono state create a tavolino da due ubriachi al pub”.

 

Le regioni originariamente erano “Highland, Lowland, Campbeltown e Islay. Poi per comodità sono state aggiunte Islands e Speyside. Sono solamente delle divisioni burocratiche/amministrative per le licenze di distillazione. Non rappresentano più la distribuzione e la concentrazione delle distillerie quando furono concepite. Sono state inventate quando c’erano 22 distillerie su Islay, 32 in Campbeltown, e 30 nelle Lowlands. Ora sono 8, 3 e 2 rispettivamente. Per oltre 200 anni le regioni non hanno avuto rilevanza per il gusto. Prima del 1840 nello Speyside, e in molte distillerie delle highlands, si producevano whisky torbati come su Islay. Solo recentemente le regioni sono state  storpiate con il tentativo, pigro e codardo, di associare un profilo aromatico particolare ad ogni regione. Non esisteNon c’e’ denominazione di origine. Nessun segreto custodito gelosamente, nessuna forzatura legale o legislativa: chiunque può distillare tre volte, usare torba, orzo da qualsiasi parte del mondo, imbottigliamento e maturazione possono essere a Timbuktu (NDR. ciò non è valido al 100% dato che comunque il single malt deve subire questi processi in Scozia), l’acqua puo’ essere quella di un iceberg. L’unica regola che si applica al whisky è che deve essere distillato in quella regione per poterlo scrivere sull’etichetta. Le regioni sono, quindi, inutili.– Mark Reynier

Cosa ne penso io? Penso che Mark e Jim abbiano ragione ma che si possano usare termini e situazioni per cui anche le regioni abbiano un loro senso. Se dico “Ardbeg è un tipico whisky di Islay” ho comunque ragione perche’ almeno 6 distillerie su 8 fanno praticamente solo whisky torbato (scusate se rimuovo d’ufficio il Caol Ila Unpeated). Se dico “e’ un classico whisky dello Speyside” penso sempre a un malto molto pulito, con note di liquirizia, secco e con una certa speziatura. Pero’ usare le regioni può essere un boomerang. Vuoi perché la geografia è varia, Jim fece l’esempio di Oban e Old Pulteney, entrambe tecnicamente nelle Highlands ma distantissime e con profili aromatici diversissimi. Vuoi perchè le distillerie comunque adesso fanno anche “esperimenti” che prima non facevano (finishing, batch torbati). Vuoi perchè ci sono oramai tanti single cask e  tanti imbottigliamenti indipendenti. Usare le regioni è quindi una semplificazione e come tale va usata con cautela e spiegata con attenzione. Penso abbia anche una valenza “turistica”, per invogliare le persone ad andare a vedere di persona queste zone.

E voi che ne pensate?

11 pensieri riguardo “[Classificazioni][1] Le Regioni di produzione del Single Malt sono davvero importanti?

  • sono del parere che quello delle regioni sia un discorso tutto sommato indicativo, magari corretto per una fase d’approccio iniziale (come il percorso proposto dai classic malts).. escludendo i numerosissimi esperimenti (che poi ritengo improprio chiamare tali, siccome sono diventati molto di più di eccezioni), come dici te i prodotti di islay hanno certe caratteristiche, quelli delle highlands centrali e del nord altre (penso a glenmo, dalwhinnie, balblair, non a dalmore che usa sherry), quelli sulla costa pure, con certe note che sono indubbiamente peculiari e via dicendo..
    E’ come dire che in italia i vini liquorosi sono solo in Sicilia: non è vero, perchè ci sono validissimi prodotti più o meno dappertutto (lago di garda, toscana, trentino, ecc.), ma se dovessimo avere in mano le cifre sulle regioni che producono maggiormente quel genere di vino?
    Mi sorge un’altra domanda: McEwan parla di un periodo prima del 1840.. da perfetto ignorante, cosa è accaduto in quel periodo? cioè, se avesse detto dagli anni 80 ad oggi, potevo capire coincidesse con l’entrata in gioco delle multinazionali, però nel 1840..
    Infine, concludendo, sulla catalogazione per regioni, sarebbe bello capire quanto è marketing.. ma mi piace pensare che anche a noi bevitori -per un istinto primordiale- piaccia associare un prodotto ad un determinato posto, pensare al mare selvaggio di Islay o di Skye quando si degusta un torbato, o ai colli rigogliosi dello speyside o alle alture delle highlands quando beviamo qualcosa di più classico..

  • Non sono un espertone di storia del whisky, ma penso che quella data sia il risultato dello sviluppo vertiginoso della produzione “legale” dovuto a due fattori
    1) La promulgazione del Excise act del 1823 che di fatto mette fine alla distillazione clandestina su grande scala e quindi fa nascere “l’industria”
    2) L’introduzione del Coffrey/patent still nel 31 che permette la distillazione in continua e di conseguenza poi la nascita dei blended

    L’ulteriore sviluppo avverra’ attorno al 1880 con la filossera che affossera’ il cognac.
    Mi riprometto di fare una googolata o di leggere se c’e’ sul libro di Barnard per capire se c’e’ altro…

  • In qualche modo funziona come per il libri. Chi vende deve poter mettere un’etichetta, per indirizzare i clienti. Anche se poi l’etichetta non sempre è onesta. Per il whisky probabilmente la provenienza si porta appresso alcune informazioni, magari non sempre esatte, ma che facilitano l’orientamento di chi si muove per categorie. Poi, ovviamente, l’esperto, in ogni campo, riesce ad andare oltre. Ma gli esperti, in tutti i campi, sono sempre la minoranza e i numeri che contano li fanno tutti gli altri.

  • Caro Davide,
    proprio uno dei miei primi interventi nel forum riguardò questo argomento e non posso che ribadire la mia concordanza con quanto affermato da Mark Reynier, a prescindere dalla storia, che conosco limitatamente.
    Ciao
    Luca

  • Ciao Luca,
    si mi ricordo che avemmo uno scambio su questa cosa, mi e’ venuto in mente quando lo stavo scrivendo. Io sono meno netto, ma col proliferare degli imbottigliamenti mi sto spostando inevitabilmente verso queste posizioni. Ovviamente Reynier gioca anche la sua partita, dirigendo una distilleria che fa moltissimi imbottigliamenti di tutti i tipi (peat, heavy peat, unpeated, finish, organic, ecc).

  • Andrea Rimini

    Seguo il mondo del whisky da oltre 30 anni, anche se in questi ultimi tempi la mia attenzione si è considerevolmente attenuata per motivi contingenti.
    Vorrei, nel modo più bonario e rispettoso possibile, farvi notare l’uso errato che viene costantemente fatto dell’aggettivo riferito a “torba” che in italiana lingua non è “torbato”, ma è “torboso”.
    Basta consultare un qualsiasi buon dizionario per rendersene conto.
    “Torbato” in italiano si riferisce esclusivamente all’omonimo vino bianco di Alghero, lanciato nei lontani anni ’60 dalla Sella&Mosca.
    Non so quando questo strafalcione abbia avuto inizio e ad opera di chi,
    certo è che continuare a dire ed a scrivere “torbato” in luogo di “torboso” con riferimento ad un whisky, denota poco rispetto per la lingua di Dante, o per quel poco che oggi ne rimane.
    A meno che si insista nell’errore per non urtare la suscettibilità di qualche guru che verosimilmente non rinuncerebbe mai al suo “torbato”.

    Grazie per la cortese attenzione e scusate la pedanteria di chi si innamorò del whisky nei primi anni’80 leggendo i libri di David Daiches e dell'”oste” ferrarese Moreno Pellegrini… Dio, sembrano passati mille anni da allora per il mondo del whisky, dai primi timidi imbottigliamenti di single malts a quelli odierni!!
    In ogni caso, in entrambi i testi citati si scriveva ancora correttamente “torboso”.
    Dunque il malvezzo del “torbato” è nato sicuramente in epoca successiva….

  • Salve Andrea,
    la cosa che lei fa notare è stata dibattuta sul nostro forum (così come l’uso di il o lo davanti alla parola whisky).
    http://www.singlemaltwhisky.it/forum/viewtopic.php?f=31&t=562&hilit=torboso
    Ecco cosa dice la professoressa Valeria Della Valle, lessicografa tra i più importanti nel panorama nazionale (potete verificare teanquillamente in rete).

    consiglio a Lei e ai suoi amici di non limitarsi, nel futuro, a consultare i dizionari in rete. L’aggettivo “torbato” è presente nei buoni dizionari della lingua italiana. Nel “Grande Dizionario Italiano dell’uso” di De Mauro (Utet) si spiega che l’aggettivo è derivato da torba con l’aggiunta del suffisso -ato; che la parola si è diffusa nel XX secolo, e che il suo significato è ” di whisky, trattato con fumi di torba”.
    Nell’edizione 2012 dello Zingarelli (Zanichelli) torbato è definito così: «detto di whisky prodotto con orzo affumicato con fuoco di torba». Vedete voi, come esperti, se le definizioni sono corrette (altrimenti, scrivete alle redazioni di questi dizionari per suggerire le definizioni giuste). Anche a me piace il whisky (l’whisky è forma rara nello scritto, più frequente nel parlato), ma non troppo torbato. Perché si è imposto torbato al posto di torboso? Forse perché l’aggettivo torboso era già in uso, nell’Ottocento, riferito al terreno ricco di torba, e quindi la casella era già occupata da un altro significato.

    Quindi diciamo che sono accetatte entrambe le forme, il torbato è entrato in uso comune come tante altre parole.

  • Andrea Rimini

    Mi inchino a quanto riferito dalla prof.ssa Della Valle…. nonostante ciò il Dizionario di Giacomo Devoto, linguista che non credo essere secondo a nessuno, continua a mantenere la distinzione fra torboso e torbato, nel senso da me prima riferito.
    In ogni caso ammetto, la lingua si evolve e ciò che ieri magari non era accettabile oggi lo diventa per l’uso comune che se ne fa.
    Grazie Davide per la cortese risposta e complimenti per il sito, una vera miniera di notizie.

  • Andrea, la discussione educata arricchisce tutti e la cosa bella del web è anche questa. Grazie per i complimenti. Da che zona scrivi?

  • Andrea Rimini

    Sono di Bologna anche se ormai, da pensionato, mi sono in pratica trasferito a Miramare di Rimini, salvo tornare un paio di giorni la settimana sotto le Due Torri per godermi i nipotini.
    In zona ho conosciuto più o meno tutti i vari “cognoscenti” di whisky (ma dimmi, secondo te questa terribile espressione che usano i britannici, dovrebbe essere italiano? Non glielo ha mai spiegato nessuno la differanza fra “conoscenti” e “conoscitori”?)dall’amico Nadi Fiori al meraviglioso Valentino Zagatti, con cui ho passato decine e decine di pomeriggi in piacevoli discussioni ed in ancor più “spiritose” degustazioni nella sua accogliente dimora di Lugo.

  • Caro Andrea, a questo punto non ci tocca che organizzare un giro con Nadi da Valentino, visto che siete quasi vicini di porta, oltre che di bicchiere. I britannici in fondo hanno una lingua molto meno complessa della nostra e bisogna entrare nel loro “humor”. Nadi è un ottimo “bridge” tra le due culture e vado in brodo di giuggiole quando dice “in Iscozia”.

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